I Musei statali: forte impatto sul sistema economico del Paese

È di 27 miliardi di euro, pari all’1,6% del Pil, il contributo economico dei 358 musei statali italiani, che nel 2018 hanno attratto 53 milioni di visitatori, ottenendo ricavi per 278 milioni di euro. Sono i dati che emergono dallo studio ‘Cultura: leva strategica per la crescita del Paese’, realizzato dalla Boston consulting group per conto del ministero dei Beni e delle Attivita’ culturali e del Turismo. Dall’analisi, presentata nei giorni scorsial Collegio romano alla presenza del ministro Dario Franceschini, emerge anche che dei 123 milioni di turisti arrivati in Italia nel 2018, 42 milioni hanno scelto il nostro Paese per motivi culturali e di questi circa la meta’, pari a 24 milioni, e’ venuta proprio per visitare i musei nazionali. Protagonisti sono i 32 musei resi autonomi dalla riforma Franceschini, che attraggono il 60% di questi 24 milioni di turisti.

Tra gli “indicatori meno felici”, tuttavia, lo studio evidenzia il ruolo dei contributi privati, che risulta essere “molto limitato”, attestandosi nel 2018 a 3 milioni di euro in totale. I musei statali, dunque, attraggono ancora pochi capitali privati, nonostante il ruolo sociale, culturale ed economico e una crescita media di circa il 10% l’anno di visitatori e proventi. Sempre nel 2018, il comparto statale ha registrato circa120mila posti di lavoro, mentre 7 milioni di studenti hanno visitato i musei e, di questi, 3 milioni hanno partecipato ad attivita’ didattiche. “C’e’ ancora molto lavoro da fare, ma servono risorse- ha detto Franceschini- I musei sono importanti per l’attivita’ scientifica, per la tutela del patrimonio, per l’educazione e per la cultura, ma hanno anche un forte impatto sul sistema economico del Paese. Il fatto che i soli musei statali, che sono il 10% di tutti i musei che ci sono in Italia, produca l’1,6% del Pil, poco meno dell’agricoltura, che fa il 2,1%, dimostra che investire in cultura e nel nostro patrimonio museale e’ una cosa che fa bene alle menti, alle anime, ma fa anche molto bene all’economia del Paese”.

Lo studio, partito insieme alla riforma Franceschini, ha analizzato i musei statali, il loro impatto sugli ambiti economico, sociale, culturale e anche ambientale, oltre che il loro potenziale. A partire dai 32 siti autonomi che rappresentano il 9% dei 358 statali, attraggono il 58% dei visitatori totali (53 milioni nel 2018) e generano l’87% dei proventi (278 milioni di euro lo scorso anno). “Nel 2004 si parlava di musei invisibili- ha detto Antonio Lampis, a capo della direzione generale Musei del Mibact- Oggi invece abbiamo una Ferrari. Non solo tanti turisti, ma anche migliaia di famiglie italiane affollano i siti italiani. È una crescita incredibile su cui investire per lo sviluppo del Paese. La prospettiva e’ di creare lavoro per le fasce giovanili che hanno scelto di studiare arte, che e’ cio’ che distingue l’Italia dagli altri Paesi. Mettendo in rete tutti i circa cinquemila musei della nazione saremo gli unici al mondo ad avere una rete museale incredibile”. A oggi, la distribuzione territoriale vede il 55% dei musei concentrato in 5 regioni, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Campania, mentre per quanto riguarda i visitatori l’83% si registra tra Toscana, Campania e Lazio, quest’ultimo primo in graduatoria con 24,7 milioni dei 53 milioni di visitatori totali.

Tra le funzioni analizzate dalla ricerca, il restauro delle opere, portato avanti dal 49% dei siti. Il 56% ha poi svolto attivita’ di ricerca o realizzato pubblicazioni, mentre tra i dati meno confortanti figurano le audioguide, offerte soltanto dall’11% dei musei. Bassa anche la percentuale di opere delle collezioni permanenti esposte, pari al 6%. “Sicuramente c’e’ margine per migliorare in modo consistente il numero delle opere esposte ampliando le sale e le strutture- ha commentato Franceschini- ma se c’e’ un’opera conservata nei depositi che in un museo piu’ piccolo diventerebbe un’icona perche’ legata al territorio, penso che questa operazione da museo dello Stato a museo dello Stato si possa fare”.

Per quanto riguarda il potenziale ancora inespresso del sistema museale italiano, la Boston consulting group vede come possibile una crescita del numero dei visitatori e dei ricavi che arrivano dalla biglietteria e dai servizi aggiuntivi. A oggi, infatti, un visitatore lascia in media a un museo dai 2 ai 7 euro, ma potenzialmente potrebbe arrivare a 10 e anche 20 euro. Aumento possibile anche per i contributi privati, che potrebbero passare dall’1% di oggi, dato tra i peggiori della ricerca, al 20%. Considerato questo incremento, i proventi dei musei statali italiani potrebbero arrivare a 800 milioni fino a un miliardo di euro, con vantaggi anche per tutela, ricerca e accessibilita’ e con un impatto sul Pil tra effetti diretti e indiretti tra i 60 e gli 80 milioni di euro. Sempre potenzialmente, i musei potrebbero garantire da 150mila a 200mila posti di lavoro. “Sgombero il campo da un possibile equivoco- ha detto infine Franceschini- I musei non nascono per portare risorse allo Stato, ma per una funzione di educazione, formazione, informazione e attivita’ scientifica. Questo e’ l’obiettivo primario, ma per farlo servono risorse. In questo senso, non c’e’ nulla di male se si raccolgono risorse attraverso la promozione e contemporaneamente si fa crescere l’economia”.

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