Tra le caratteristiche della dimensione visiva della terra tiburtina c’è da sempre la macchia di ulivi con i loro tronchi ritorti e le foglie grigioverdi, fonte d’ispirazione di artisti e poeti di tutti i tempi.
La produzione di Olio fu un’attività caratterizzante, non solo locale, basti pensare al Santuario d’Ercole Vincitore, intitolato proprio al protettore dei commerci di olio e di bestiame. Un complesso strutturato su più terrazze posto volontariamente sopra la via Tiburtina, che in quel punto diveniva Via Tecta, ovvero coperta, che presenta ai lati botteghe. L’Archeologia ci conferma che 4000 anni fa l’olio d’oliva era già uno dei volani motori dell’economia del mondo mediterraneo.
Usato come solvente e base per fabbricare profumi, come combustibile per fondere i metalli, come lubrificante per i telai e ancora, come alimento, lozione per la pelle, farmaco.
Dobbiamo quindi sorprenderci se Olio e Ulivo fossero considerati sacri?
Pochi sanno che è di un ricco commerciante tiburtino di olio, in affari a Delo, l’intento e il finanziamento del tempio rotondo di Ercole nel Foro Boario. Marco Ottavio Erennio (Marcus Octavius Herennius), questo il suo nome, dedicò ad Ercole protettore degli oleari, corporazione a cui il mercante apparteneva. Ercole, venerato nell’immenso santuario di Tivoli, era il protettore dei commerci e della transumanza delle greggi: la sua posizione nel Foro Boario a pochi passi da quello Olitorio, non è casuale. Il tempio conferma il potere economico dei mercanti locali nel II secolo a.C.
Trasmettitore culturale
Per dirla con lo storico Fernand Braudel, «là dove finisce l’olivo finisce anche il Mediterraneo». L’olio non era solo un alimento essenziale, ma un catalizzatore di civiltà e un legame vitale tra uomini e dei. Ulisse, esausto dopo un naufragio, si spalma olio d’oliva sul corpo e appare a un tratto bello come un dio.
Atena secondo la mitologia si accreditò l’egemonia su Atene rispetto a Poseidone, poiché donò il primo ulivo della storia agli uomini.
I faraoni egizi offrivano l’olio d’oliva della migliore qualità per ringraziare il dio del sole.
I vincitori dei giochi panatenaici ricevevano premi in olio e anfore pregiatissime.
Solone promulgò leggi che incoraggiavano la coltivazione degli ulivi e delle attività ad essi connesse, inoltre proibì di tagliare più di due alberi all’anno. Nella Costituzione degli Ateniesi, ci si spinse oltre, dichiarando che chiunque abbattesse un ulivo meritava la pena di morte.
Moneta politica
David Mattingly, professore di archeologia romana presso l’Università di Laicester, è un’autorità in fatto di coltivazione degli ulivi in epoca romana. Nelle sue opere ha messo in risalto sia che l’olio extravergine di oliva era un’ottima moneta di scambio nella vita politica dell’Impero, talvolta preferita al denaro, sia che questo prodotto poteva spianare la strada verso il potere.
Gli imperatori Traiano e Adriano appartenevano ai clan dell’olio d’oliva della Hispania Baetica, l’odierna Andalusia.
Settimio Severo nacque invece a Leptis Magna, capitale della Tripolitania, ovvero la Libia, regione famosa per la produzione di olio, dove la sua famiglia si era arricchita producendo l’olio e le anfore destinate a trasportarlo via nave. Riguardo Settimio Severo, ecco quanto afferma David Mattingly: “Ho sempre considerato Settimio Severo come una specie di ‘sceicco del petrolio’. L’olio di oliva era fonte di enorme ricchezza e potenza. Una volta ottenuto il potere, Settimio Severo lo conservò ancora grazie all’olio. Chiese infatti ai suoi concittadini una donazione volontaria annua di un milione di libbre di olio d’oliva, una sorta di richiesta di offerte di stampo mafioso, e lo distribuì gratuitamente alla popolazione di Roma. La sua strategia funzionò, facendogli conservare il potere per quasi vent’anni e trasmettendolo poi ai figli”.
La dimensione religiosa: l’olio consacra
Questo balsamo sacro servì ad ungere l’Arca dell’Alleanza, gli altari, la tavola, il gran Sacerdote. Messia, in ebraico significa “l’unto del Signore” (Kristos in greco). Gesù si raccoglie prima della Passione in un giardino ai piedi del Monte degli Olivi e sarà arrestato in questo luogo che Marco e Matteo chiamano Geth Semani, nome aramaico che significa “pressa per l’olio”. L’unzione con l’olio ricorre in numerosi sacramenti del Cristianesimo: Battesimo, Cresima, ordinazione o estrema unzione. Nel Medioevo serviva anche per la consacrazione dei re o degli Imperatori. Anche per i musulmani l’olivo ha un carattere sacro. Nel Corano sta scritto: “Dio è la luce del cielo e della terra. Egli illumina come una lampada accesa nel vetro ed il sfavillio assomiglia a quello di una stella. La sua luce viene dall’albero benedetto, da questo olivo che non è né dell’Oriente, né dell’Occidente, del quale l’olio si infiamma al minimo avvicinarsi del fuoco e produce dei raggi sempre rinnovati. Attraverso di essa Egli conduce chi a lui piace”.
Simbolo di civiltà
Le legioni romane piantavano spesso ulivi dove erano di guarnigione, per ricavarne cibo e combustibile, mentre i tronchi e le foglie di questi alberi erano simbolo di conquista e di progresso culturale.
L’olio fu uno del trasmettitori culturali del Mediterraneo dal forte connotato simbolico: vittoria, benessere, salute; l’olio portava con se la storia millenaria dei popoli infondendo sapienza in ogni porto; trasportato in anfore dal banchetto all’altare, dal Battesimo all’estrema unzione, dal corpo degli atleti a quello di Ettore unto di olio per essere presentato degnamente alla pietà di un padre.
E di pace…Dopo il diluvio, la colomba che fa ritorno all’arca di Noè con un ramo di ulivo nel becco non significa solo il perdono di Dio, ma anche che Noè è giunto in una terra dove non c’è guerra.
Gli ulivi sono alberi dalla crescita lenta, che richiedono cure regolari, possibili solo in tempo di pace. Da questo ricaviamo un simbolo che ha attraversato le dimensioni del tempo e dello spazio, dalla Bibbia a Picasso traghettando immutato il valore preziosissimo della Pace! (Ilaria Morini)